Giovedì 2 luglio
nell'oratorio San Giorgio di Mercurago si è tenuta la seconda seduta
del nuovo Consiglio Comunale, iniziativa sicuramente apprezzabile e
gradita per il valore aggiunto alla tradizionale manifestazione del
Palio dei Rioni in pieno svolgimento nella frazione aronese.
Nel corso della seduta,
oltre a definire l'assetto organizzativo dell'Amministrazione eletta
al 31 maggio, è stato approvato il bilancio di previsione dell'anno
2015 e quello pluriennale del triennio 2015-17 ed una modifica al
regolamento interno del Consiglio comunale.
Aldilà dell'esito della
votazione sui singoli punti in discussione, scontato almeno per la
maggioranza ancor prima che iniziasse la discussione, siamo rimasti
sorpresi per i bicipidi mostrati sulla modifica del regolamento
senza che ve ne fosse bisogno, stante fra l'altro il ridotto numero
di gruppi consiliari.
Appagati dall'esito
elettorale del 31 maggio avrebbero dovuto mostrarsi accattivanti nel
tentativo di avviare il recupero dei voti persi rispetto al 2010.
Invero, il voto di fine
maggio aveva messo sufficientemente in evidenza la confusione che
regna nel mondo politico aronese; la seconda lista di minoranza, che
dovrebbe fare da argine alla maggioranza, mostra d'essere
condizionata dal dialogo in corso tra Lega e Forza Italia su
possibili future alleanze a livello nazionale, regionale ed anche
provinciale, sicché la maggioranza di fatto si è ulteriormente
rafforzata e di riflesso anche l'altra forza di minoranza si è
indebolita.
Se tali sono i rapporti
di forza all'interno del Consiglio, non si comprendono le ragioni
per cui il gruppo di maggioranza abbia voluto oggi riproporre la
modifica del regolamento interno che, nell'anno 2010, aveva
rinunciato di approvare, ritirando l'argomento già posto dall'odg:
debolezza allora o forza oggi?
All'epoca la modifica
mirava ad ostacolare in qualche misura la divulgazione di fatti
comportamentali non certamente edificanti per la Civica
Amministrazione, verificatesi nel corso delle sedute consiliari del
quinquennio 2005/10 e, fatta eccezione per qualche isolato episodio,
non si sono più ripetuti nel corso della passata Amministrazione.
Certo è che
nell'intervallo temporale intercorso fra le due ipotesi sopra poste
vi sono stati accadimenti politici che hanno indotto la
“governance” municipale a mostrarsi com'è, piuttosto che
apparire quella che non è.
Senza ricorrere ad
analisi particolari per testare l'efficienza di una Civica
Amministrazione, basterebbe più semplicemente osservare la condotta
della minoranza. Piuttosto che metterla alle corde dovrebbe essere
interesse della maggioranza augurarsi di avere una minoranza di
qualità.
Sul bilancio poi ci
saremmo aspettati un leggero miglioramento della pressione fiscale,
sussistendo talune condizioni di favore, forse non più ripetibili
nel corso del ciclo amministrativo.
Così non è stato e,
ancora una volta, è stata perpetrata una sperequazione tra i
singoli cittadini e la Pubblica Amministrazione, ancorché una
decisione della Corte Suprema di Cassazione – a sezioni unite-,
del 26 maggio 2015 l'avesse definita “obsoleta”, ponendo
entrambi sullo stesso piano e dichiarando l'illegittimità
dell'indebito arricchimento per l'Amministrazione a fronte del
depauperamento del cittadino.
Ragion per cui abbiamo
tratto nuova linfa per continuare, attraverso la procedura del
contenzioso tributario, la contestazione sul raddoppio
dell'addizionale irpef nell'anno 2014, il cui esercizio finanziario è
stato chiuso per l'appunto con un avanzo d'amministrazione,
peraltro inutilizzabile al momento.
La procedura è sicuramente lunga ma ci rincuora il fatto che davanti alla Commissione Tributaria la Civica Amministrazione non può più contare sulla forza dei numeri.
La procedura è sicuramente lunga ma ci rincuora il fatto che davanti alla Commissione Tributaria la Civica Amministrazione non può più contare sulla forza dei numeri.
Pure a Pontida (cliccare
su audio) il Sindaco ha sbraitato numeri, guardandosi bene dal
precisare che quel 54%, per una strana combinazione del destino, è
anche pari alla percentuale dei elettori che non sono andati a votare,
sicché egli avrebbe dovuto e potuto esultare per la fiducia avuta
solamente dal 28% degli elettori, sorvolando magari sui voti persi
rispetto al 2010.